Storielle dall'Italia - Little stories from Italy.
A series of little stories written for intermediate level students, but that can be read by everyone. I hope you enjoy them. ( Find help for underlined words in the notes at the end of the story)
1 Non posso crederci!! Quando nostra figlia Carmela ha saputo che saremmo andati in Italia alla fine di maggio, ha deciso di venire anche lei con la sua amica per due settimane. Mentre noi eravamo a Ischia per sette giorni, loro sono arrivate a Napoli e sono rimaste lì per cinque giorni per vedere quell’affascinante città e i luoghi più interessanti intorno alla città. Siamo ritornati il giorno prima di loro al nostro paese e abbiamo preparato le camere. Al loro arrivo, Carmela ci ha raccontato come non avevano dormito bene in quell’hotel a Napoli, forse un po’ troppo economico. Cosi non vedeva l’ora di farsi una bella dormita e alzarsi tardi il giorno dopo. La mattina seguente noi avevamo appena fatto colazione quando è scesa Carmela arrabbiatissima, quasi in lacrime e ha detto: “Non posso crederci! Mi ha svegliata il rumore che proprio non sopporto! Qualcuno sta usando il tagliaerbe elettrico sotto la nostra finestra!” Infatti, siccome a maggio aveva piovuto molto e questi erano i primi giorni di sole al paese, le erbacce sia nel giardino del vicino che nel nostro, erano alte più di un metro e mezzo. Cosi il farmacista proprietario del giardino, aveva chiamato un giardiniere per tagliare l’erba, e lui, naturalmente, aveva iniziato il lavoro di prima mattina!! Il giorno dopo, finito il lavoro in giardino, pensavamo che tutto sarebbe stato quieto per Carmela; aimé, davanti a casa sulla strada principale hanno iniziato a scavare una lunga trincea per il rinnovo delle fognature! Martelli pneumatici e scavatrici hanno disturbato il sonno dei nostri sfortunati ospiti! Pazienza, avrà detto Carmela quando è scesa giù nel pian terreno per farsi una doccia nel bagno che è nella ex cantina. Ci siamo sentiti chiamare dalla voce allarmata di Carmela: “ Non ci crederai che c’è fuori la finestra del bagno, un serpente!!” Infatti, nello spazio fuori la finestra che si trova sotto il livello della strada e dà su una specie di pozzo quadrato con sopra una grata e un vetro, c’era un serpente nero lungo più di un metro che ci guardava attraverso i vetri della finestra! Ho pensato che era certamente scappato dal giardino per sfuggire alle lame della falciatrice e aveva trovato rifugio sotto la nostra casa. Che fare? Come liberarsi di questo ospite indesiderato? Alla fine abbiamo avuto tutti e tre la stessa idea. Al mattino abbiamo detto che bisognava dare la possibilità alla serpe di risalire dal pozzo e uscire dalla grata. Così, avendo trovato un palo abbastanza lungo, l’ho messo cautamente dove era il serpente e ho richiuso velocemente la finestra. Quando siamo andati a controllare, la serpe era svanita, andata, ho pensato, forse nel nostro giardino dove l’erba era ancora alta! Il resto della vacanza è stata per le nostre ospiti molto più tranquilla, né abbiamo più rivisto il nostro serpente, che per sua fortuna non ha incontrato sulla sua strada nessuno dei nostri vicini che non avrebbero esitato a fargli la pelle; i serpenti non sono i benvenuti al nostro paese, dove sono ancora visti come simbolo del diavolo. Quando sono andato a togliere le erbacce dal giardino mi sono messo i guanti e i pantaloni lunghi; non si sa mai cosa può nascondersi nell’erba alta!
Notes Farsi una bella dormita - to have a good sleep Arrabbiatissima - very angry Non posso crederci! - I can't believe it! Il tagliaerbe elettrico - the electric grass cutter Di prima mattina - first thing in the morning Aimé - alas Martelli pneumatici e scavatrici - pneumatic drills and diggers Farsi una doccia - to take a shower Che da su una specie di pozzo - that gives onto a sort of well Una grata - an iron grate Per sfuggire alle lame- to escape the blades Cautamente - cautiosly Era svanita - had disappeared A fargli la pelle - to kill it Le erbacce - the weeds
2 Non è successo niente. Quando siamo partiti per Napoli il 20 febbraio ci siamo detti: “questa sarà una vacanza tranquilla, non succederà niente”. Le previsioni del tempo erano buone, niente pioggia o neve. Così siamo arrivati all’aeroporto di Napoli puntualmente e siamo andati a noleggiare la macchina che avevo prenotato. Ci volevano dare una macchina con il cambio automatico, ma io non ne avevo mai guidato una e non volevo farlo per la prima volta nel traffico di Napoli al buio. Così siamo partiti per il Molise in una nuovissima Skoda Ottavia (ero il primo a guidarla!). Siamo arrivati dopo le dieci di sera e dopo aver controllato la casa e acceso i riscaldamenti ci siamo cucinati un bel piatto di pasta. (Le regole della casa sono che bisogna sempre lasciare gli ingredienti per fare un piatto di pasta e una bottiglia di vino!) I primi due giorni sono passati tranquilli, abbiamo fatto le compere, un po’ di pulizie e visitato dei parenti per dare le condoglianze, perché da poco era morto un vecchio zio. Naturalmente, la cugina Vincenzina ci ha invitato a pranzo e abbiamo mangiato il suo solito sugo di carne e salsicce fatte in casa (sono agricoltori e vivono in campagna fuori dal paese). Il pomeriggio ci siamo seduti sul terrazzo al sole a leggere e le gambe scottavano sotto i pantaloni scuri! Quando nostro figlio Paul, che vive in Croazia, ha saputo che saremmo andati a San Giuliano, ha pensato di venire a trovarci con la sua ragazza Nicole per andare a sciare. Così sono arrivati in macchina durante la notte del sabato. Nel fratempo il tempo era cambiato; non più le buone previsioni, ma una massa di aria fredda dalla Siberia si è abbattuta sull’Italia del sud. La temperatura è scesa sotto zero ed è iniziata una vera bufera di neve! Naturalmente siamo rimasti in casa al calduccio tutto il giorno e ci siamo divertiti a vedere la neve cadere da dietro i vetri della finestra. Abbiamo acceso il camino, ci siamo affumicati e abbiamo consumato tanta legna, mangiato e bevuto bene. Però ha fatto poca neve, cosi non è stato un problema il giorno dopo andare a Campitello Matese sui campi da sci. Ma la temperatura era -6 ed il vento era gelido! Paul e Nicole sono rimasti a sciare, ma noi siamo ritornati a casa, e ci siamo goduti lo spettacolo delle montagne innevate da dentro la calda macchina. Quando gli altri due sono ritornati, siamo andati a Campobasso a vedere il nostro nipotino che era da poco nato al figlio di nostro cugino Andrea. Si chiama Marco ed èun bel pupone. Il freddo ha continuato ancora per qualche giorno, ma niente più neve. Paul e Nicole hanno lavorato con i loro computer da dentro casa e hanno dovuto risolvere problemi con il loro sito web, mentre la mamma cuciva e lavava ed io cucinavo. Abbiamo anche rivisto il sole prima della nostra partenza e ci siamo salutati con i nostri vicini che hanno sempre un bel fuoco a legna nel camino. L’ultima sera siamo andati a mangiare una pizza ed abbiamo finito in bellezza questa bella piccola vacanza "tranquilla". L’unica cosa che ci ha irritato è stata la notizia che mentre noi soffrivamo il freddo e il gelo nel sud Italia, quì in Inghilterra il tempo era bello come a primavera!
ci siamo detti = we said to ourselves le previsioni del tempo = the weather forecast prenotato = booked non ne avevo mai guidata una = I had never driven one of them farlo = do it il Molise = piccola regione Nord-Est of Naples ci siamo cucinati = we cooked for ourselves dare le condoglianze = offer our sympathy sono agricoltori = they are farmers le gambe scottavano = the legs were burning San Giuliano = my native village in Molise per andare a sciare = to go skying nel frattempo = in the meantime si è abbattuta sull'Italia del sud= it struck over Southern Italy al calduccio = nice and warm ci siamo affumicati = we smoked ourselves Campitello Matese = a skying resort un bel pupone = a nice big baby cuciva = was sewing ci siamo salutati = we said hallo ....
I tetti imbiancati del paese = the white roofs of the village
The following story is a good exercise in the use of the past historic, not often used in everyday speech but always found in writings of histories from the past. This is the story of a 17th Century courtesan, Giulia Tofana, who became wealthy and famous thanks to a poisonous water that took its name from her: acqua Tofana.
GIULIA TOFANA, LA DONNA CHE UCCISE OLTRE 600 MARITI Costanze, la moglie di Mozart, ricordò che il compositore era ossessionato dall’idea che qualcuno lo avesse avvelenato con l’acqua tofana. Dopo due secoli dall’invenzione, da parte di una donna e di una famiglia particolare, questo liquido riusciva ancora a penetrare nell’immaginazione collettiva. Per comprendere i motivi dell’agitazione mentale che l’acqua tofana insinuava negli uomini, soprattutto nei mariti, dobbiamo fare un salto nel tempo. Durante il XVII secolo, una cortigiana, fattucchiera, meretrice e quant’altro, di Palermo, elaborò la ricetta per una pozione incolore, insapore e inodore, che fece la sua fortuna, e quella delle persone che con lei condividevano questo vile intento. La donna si chiamava Giulia Tofana, o Toffana, e grazie a questa invenzione divenne ricca e potente. Giulia riuscì in breve tempo a far conoscere il suo veleno e a venderlo anche fuori dalla sua zona d’origine. Il successo fu garantito dalla volontà di molti coniugi, soprattutto o esclusivamente donne, che sentivano la necessità di divenire vedove, in un’epoca nella quale il divorzio non era riconosciuto. Chi era e da dove veniva questa donna? Le notizie biografiche su Giulia Tofana sono scarse e lacunose. Probabilmente era figlia, forse nipote, di Thofania d’Adamo, giustiziata a Palermo il 12 luglio del 1633 per aver avvelenato il marito. Giulia, rimasta orfana in giovane età, era analfabeta ma conosceva la vita e i veleni e riuscì a sopravvivere vendendo il proprio corpo a uomini di ogni estrazione sociale e culturale. Il commercio carnale non permetteva di elevarela sua condizione sociale, neppure di essere amata dal popolo. Giulia aveva una seconda arma, più importante della bellezza e della capacità di far sognare i propri clienti: l’iniziativa. La ragazza ereditò dalla parente, assassina, la volontà di uccidere e il sangue freddo di farlo. Thofania, infatti fu accusata di aver avvelenato il marito. Esistono molte possibilità che sia stata questa donna, madre o zia di Giulia, la reale inventrice dell’acqua tofana. Giulia ha avuto il grande merito di aver incrementato le vendite, allargando il mercato, commercializzando il prodotto fuori dalla Sicilia, anche nelle città di Napoli e Roma. Il mercato si allargò a tal punto che decise di trascinare in questa impresa la figlia, forse sorella, Girolama Spera. Le due donne migliorarono il veleno al punto che era sufficiente una piccola quantità per procurare una morte senza sintomi, facendo in modo che l’assassino non venisse scoperto. Il vero pregio dell’acqua tofana era chelasciava roseo il colorito del morto. Quale era la composizione chimica della mortale pozione? Gli ingredienti sono noti, ma non se ne conoscono le dosi esatte. L’acqua tofana conteneva arsenico, piombo e, probabilmente, belladonna. Giulia Tofana faceva bollire, in una pentola sigillata, dell’acqua con miscela di anidride arseniosa, limatura di piombo e antimonio, ottenendo un liquido trasparente, privo di odore e sapore, dotata di elevata tossicità. Allargandosi il mercato aumentarono i rischi di essere catturata. Intorno alla metà del Seicento, Giulia fu colpita da una denuncia proveniente da un marito sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento da parte di una moglie sbadata, che non aveva seguito alla lettera le indicazioni fornite dalla produttrice. Su Giulia si allungarono le tristi ombre della Santa Inquisizione. La donna decise di scappare, accettando le lusinghe di un frate, Girolamo o forse Nicodemo. L’ecclesiastico la condusse a Roma, dove potevano entrambi costruirsi una nuova vita. Abbandonarono Palermo per un bell'appartamento nel quartiere Trastevere, pagato dal frate, amante fisso della donna, che trascorreva le ore di preghiera e silenzio nel convento di San Lorenzo. Grazie ad un parente del frate, speziale in un altro convento di Roma, Giulia riuscì per anni a rifornirsi di tutte le materie prime necessarie per la produzione del veleno. La fortuna girò le spalle a questo strano insieme di anime. Una cliente della donna, la contessa di Ceri, commise un errore grossolano, ma fatale in questo contesto: ansiosa di liberarsi del marito utilizzò tutto il contenuto della boccetta destando i sospetti dei parenti del defunto. Le indagini condussero a Giulia Tofana. La donna, imprigionata, passò per la camera dei tormenti. Durante il rigoroso esame, cioè tortura, ammise di aver venduto, la maggior parte nella città di Roma, veleno sufficiente ad uccidere 600 persone, cioè uomini, in un periodo compreso tra il 1633 e il 1651. Nell’anno 1659 fu condannata e giustiziata a Roma, nello stesso luogo che vide ardere il libero pensatore Giordano Bruno. A Campo de’ Fiori furono giustiziati anche la figlia, o sorella, Girolama, gli apprendisti delle donne e alcune mogli accusatedi aver avvelenato i mariti. L Molte donne, accusate dalla Tofana d’aver ricorso ai suoi veleni, furono catturate, torturate e pubblicamente giustiziate. Altre furono strangolate nelle segrete dei palazzi. La morte di Giulia Tofana non provocò l’arresto della produzione dell’acqua che da lei prese il nome, tanto è vero che, tra il 1666 e il 1676, la marchesa de Brinvilliers avvelenò suo padre e due fratelli prima di essere arrestata, e giustiziata. Ancora a metà dell’Ottocento il ricordo di Giulia Tofana, e della sua acqua, erano vivi, tanto che Dumas inserì un riferimento nel Conte di Montecristo: \”…noi parlammo signora di cose indifferenti, del Perugino, di Raffaello, delle abitudini, dei costumi, e di quella famosa acqua tofana di cui alcuni, vi era stato detto, conservano ancora il segreto a Perugia\”.
Parliamo della Mafia, nota anche come "Cosa Nostra"
Dal libro Cose di Cosa Nostra, di Giovanni Falcone, in collaborazione con Marcelle Padovani. “Credo che Cosa Nostra sia coinvolta in tutti gli avvenimenti importanti della vita siciliana, a cominciare dallo sbarco alleato in Sicilia durante la seconda guerra mondiale e dalla nomina di sindaci mafiosi dopo la Liberazione. Non pretendo di avventurarmi in analisi politiche, ma non mi si vorrà far credere che alcuni gruppi politici non siano alleati a Cosa Nostra - per un'evidente convergenza di interessi - nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi. Parlando di mafia con uomini politici siciliani, mi sono più volte meravigliato della loro ignoranza in materia.Alcuni forse erano in malafede, ma in ogni caso nessuno aveva ben chiaro che certe dichiarazioni apparentemente innocue, certi comportamenti, che nel resto d'Italia fanno parte del gioco politico normale, in Sicilia acquistano una valenza specifica. Niente è ritenuto innocente in Sicilia, né far visita al direttore di una banca per chiedere un prestito perfettamente legittimo, né un alterco fra deputati né un contrasto ideologico all'interno di un partito. Accade quindi che alcuni politici in un certo momento si trovino isolati nel loro stesso contesto. E allora diventano vulnerabili e si trasformano inconsapevolmente in vittime potenziali.”
“A megghiu parola è chidda ca 'un se dici“ (The best word is the unspoken one -antico proverbio siciliano) Due Eroi Italiani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due giudici siciliani che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia. Di loro si racconta infatti che quando erano ancora adolescenti giocavano a pallone nei quartieri popolari di Palermo e che fra i loro compagni di gioco c'erano probabilmente anche alcuni ragazzi che in futuro dovevano diventare uomini di "Cosa Nostra". E forse proprio il fatto di essere siciliani, nati e cresciuti a contatto diretto con la realtà di quella regione, era la loro forza: Falcone e Borsellino infatti capivano perfettamente il mondo mafioso, capivano il senso dell'onore siciliano e capivano il linguaggio dei boss e dei malavitosi con cui dovevano parlare. Per questo sapevano dialogare con i "pentiti" di mafia, sapevano guadagnarsi la loro fiducia e perfino il loro rispetto. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano coetanei: il primo è nato a Palermo nel 1939, il secondo nel 1940. Durante l'università - alla fine degli anni Cinquanta - Paolo Borsellino si iscrive al FUAN, un'organizzazione politica di estrema destra. È molto bello pensare che nessuno avrà mai il coraggio di rinfacciargli questa scelta: il suo comportamento è sempre stato così onesto e pulito che sia da destra che da sinistra si doveva necessariamente rispettarlo. Nel 1963 entra in Magistratura: lavora in diversi tribunali e nel 1975 è trasferito al tribunale di Palermo, dove entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Lavora con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile alla sua prima indagine sulla mafia e nel 1980 fa arrestare un primo gruppo di sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile viene assassinato. Per la famiglia Borsellino la vita cambia e da quel momento in poi tutti vivranno blindati e continuamente protetti da una scorta. Continua a lavorare senza tregua nel pool anti-mafia guidato da Rocco Chinnici, a stretto contatto anche con il suo amico Giovanni Falcone che nel 1979 era entrato anche lui all'Ufficio istruzione processi penali. Ma nel 1983 anche Rocco Chinnici viene assassinato dai mafiosi. Sembra la fine di un'esperienza che stava dando qualche risultato. A Palermo, al posto di Chinnici, arriva Antonino Caponnetto che è assolutamente deciso a portare avanti il lavoro del suo predecessore. Con Falcone e Borsellino e altri bravi magistrati comincia allora l'avventura del pool anti-mafia. In pratica i magistrati di Palermo cercano di combattere la mafia così come negli anni precedenti si era combattuto - e vinto - il terrorismo. Nel 1983 altri due funzionari di Polizia Giuseppe Montana e Ninni Cassarà - stretti collaboratori di Falcone e Borsellino - sono uccisi dalla mafia. Ma grazie alla capacità dei magistrati di indagare e all'intelligenza di Falcone nel ricostruire la "geografia mafiosa" di quel periodo, un gran numero di mafiosi finisce in galera. E finalmente Falcone e Borsellino riescono a mettere in piedi il famoso maxi-processo, un processo in cui sul banco degli imputati siedono ben 475 mafiosi che nel 1987 saranno condannati. In realtà questa grande, grandissima vittoria è anche il principio della fine per i due magistrati e forse è anche la loro condanna a morte. Antonino Caponnetto deve lasciare il pool per motivi di salute. Al suo posto, invece di Giovanni Falcone che ne era il naturale erede, va a finire un altro magistrato che in breve tempo scioglie il famoso pool antimafia. Comincia una stagione di veleni (Falcone è accusato di "protagonismo" e alla fine chiederà il trasferimento a Roma; a Borsellino vengono tolte le indagini sulla mafia a Palermo e gli vengono assegnate quelle di Agrigento e Trapani). L'unità delle indagini che aveva dato grandi risultati è così definitivamente distrutta. Ma i due magistrati non abbandonarono la lotta: Falcone dopo il 1988 collabora ancora con Rudolph Giuliani, procuratore distrettuale di New York, e riesce a colpire le famiglie mafiose dei Gambino e degli Inzerillo, coinvolte nel traffico di eroina. E quando è trasferito a Roma progetta la creazione di una Direzione Nazionale Antimafia per coordinare tutta la lotta alla mafia che si svolge in Italia. Falcone doveva esserne il Direttore. Ma il 23 maggio 1992 - con un attentato spettacolare - la macchina di Falcone viene fatta esplodere sull'autostrada che collega Palermo e Trapani: 500 chili di tritolo che tolgono la vita a Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta. Quando Falcone salta in aria, Paolo Borsellino capisce che non gli resterà troppo tempo. Lo dice chiaro: “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”. Il 19 luglio dello stesso anno un'autobomba esplode sotto casa di sua madre mentre Paolo Borsellino sta andandola a trovare. Il magistrato muore con tutti gli uomini della scorta. Pochi giorni prima aveva dichiarato: Non sono né un eroe né un Kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell'aldilà. Ma l'importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento... Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno. Frasi di “Cose di cosa nostra” Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere. “Tre magistrativorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondogode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia.” frase detta da Frank Coppola ad un magistrato e riportata da Giovanni Falcone durante un'intervista del 1991 “Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.” “Ci si dimentica che il successo delle mafie è dovuto al loro essere dei modelli vincenti per la gente. E che lo Stato non ce la farà fin quando non sarà diventato esso stesso un «modello vincente».” “Per lungo tempo si sono confuse la mafia e la mentalitàmafiosa, la mafia come organizzazioneillegale e la mafia come semplice modo di essere. Quale errore! Si può benissimo avere una mentalitàmafiosa senza essere un criminale.” “Dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l'eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.”